Cosa non si è detto di Charles Bukowski? Tutto ed il suo contrario.
Leggo da una quarta di copertina:”Pubblicò giovanissimo il suo primo racconto, ma fu talmente amareggiato dall’infinita serie di rifiuti che seguirono da divenire alcolista.”
Assurdo! Buk beveva perché gli piaceva. Se mai è esistito qualcuno che se ne sia sempre veramente fregato dei giochini e delle mafiette editoriali, questo era lui.
Un vero outsider, coerente con sé stesso, lui scriveva “di” come viveva, semplicemente. Non ha mai ostentato nessun atteggiamento “bohemienne”, al contrario di tanti altri.
Non a caso, quando si parla di “beat generation”, il suo nome non compare mai.
E giustamente.
Senza nulla togliere ai grandi Keruack, Ginsberg, Ferlighetti etc., Bukowski era semplicemente un uomo che lottava ogni giorno per la sopravvivenza, tra bar malfamati e stanze di quart’ordine in affitto.
Scrivere della VITA, la vita REALE, gli veniva facile, per sua stessa ammissione
Ho amato Henry Chinaski ( lo pseudonimo di ogni racconto).
Ho amato lo scrittore, così autentico, nelle descrizioni, così “nudo e crudo”.
Ho amato un UOMO con un’anima immensa, di una sensibilità oltre ogni confine.
E’ stato tacciato di misoginia. Il solito equivoco di qualche critico impotente, o di qualche femminista analfabeta.
Lui AMAVA le donne come pochissimi uomini sanno fare. Le amava con dedizione e trasporto, con la passione che lo ha sempre contraddistinto; una passione tanto più VERA perché “fisica”.
E’ stato detto del suo scarso impegno politico-sociale.
Tutta la sua opera è centrata sugli emarginati, quelli reali; i tanti, troppi clochards che si barcamenano nelle metropoli. Lui ERA uno di loro e con loro condivideva difficoltà, sofferenza, emarginazione. Più di una volta si è lasciato andare a considerazioni sulla “condizione del genere umano” e, da buon individualista, ne ha tratto le logiche conseguenze: nessun “riscatto collettivo”, uno “status quo” solido e ben difeso, l’umana idiozia al fondo di tutto.
C.B. nacque ad Andernach (Germania) nel 1920, ci rimase fino all’età di tre anni, poi l’America.
“Storie di ordinaria follia”, “Compagno di sbronze”, “Taccuino di un vecchio porco”,
“Musica per organi caldi”, “Panino al prosciutto”, sono alcune raccolte di racconti che hanno scandalizzato tanti ed entusiasmato moltissimi, soprattutto in Europa.
“Post office”, “Factotum”, “Donne”, alcuni dei romanzi.
Da segnalare “Hollywood”, nel quale Buk “…non parla di sesso ed è pacificato, ma non per questo è meno abrasivo nel suo orrore per l’ingiustizia e la violenza…..” parole di fernanda Pivano alla quale dobbiamo la “scoperta italiana” del grande scrittore.
A tutto ciò vanno aggiunte le numerosissime raccolte di poesie.
Bukowski è morto nel marzo del 1994.
Punto e virgola (narrativa d'assalto)
Frammenti, pensieri, poesia, recensioni e quant'altro
sabato 13 novembre 2010
domenica 31 ottobre 2010
Battiato
mercoledì 30 luglio 2008
“Andate fino in fondo, poi girate a sinistra.” La ragazza dello stand di piccola bigiotteria ci sorride, indicandoci lo “spazio-concerto”.
“Fiesta”, una manifestazione ben collaudata nell’ambito dell’”Estate Romana”, all’ ippodromo delle Capannelle. Sono le 21:30 di martedì e sembra che mezza Roma si sia riversata qui dentro, il che non mi stupirebbe, dato l’evento: si esibisce Franco Battiato; prezzo del biglietto £ 15.000.
Lo “spazio concerto” è in una posizione assolutamente infelice, una conca, affossata tra uno degli innumerevoli stand di ristorazione e la case popolari del Tuscolano. Abbastanza claustrofobico. Un centinaio di sedie sotto il palco ed una pedana di legno della quale mi accorgo solo dopo averci inciampato, mentre ci facciamo largo a gomitate tra centinaia di ragazzi e ragazzini vocianti.
Il cantautore si presenta con 5 minuti d’anticipo sul programma (che succede!? non è nel suo stile…) “Prima comincia prima finisce” è il malizioso pensiero che si affaccia per un istante; attacca con uno “standard” italiano: “Il cielo in una stanza” e l’atmosfera si scalda.
Il gruppo che lo accompagna è formato da un bassista, un batterista, un tastierista, un violinista, tre ragazze “vocalist”. Lui indossa il solito tight (lo stesso look da oltre dieci anni), ha sempre quell’aria da intellettuale smaliziato e un po’ snob che si trova lì per uno strano scherzo del destino. Lo spettacolo prosegue con un paio di pezzi tratti dal nuovo album, poi attacca con i “classici”: Bandiera bianca, Centro di gravità permanente, L’era del cinghiale bianco. Poi si insinuano le prime note de:”La cura” ed è a questo punto che l’atmosfera cambia di colpo, la folla impazzisce, tutti a cantare, (se non vengono accesi accendini è solo perché è passato di moda), le coppiette si stringono; io stesso ho la pelle d’oca…. Finalmente il Battiato che conosco, intimista e lirico, attento e partecipe che mette l’anima in uno dei più bei brani che la musica leggera italiana abbia prodotto negli ultimi dieci anni. Il testo è favoloso, la musica superba; se fino ad ora si è dimostrato un po’ freddo e distratto, il cantautore siciliano, appassionato delle danze Sufi, seguace da anni dei mistici darwishi, sfodera tutto il carisma di cui è capace; impossibile resistergli.
Questo non è certo l’ambiente che gli si addice; i grandi spazi aperti o i mega stadi
non gli consentono di esprimersi al meglio. Dopo tre quarti d’ora (l’accusa che gli viene rivolta sempre più di frequente è che i suoi concerti sono troppo brevi), lasca il posto al suo maestro Sufi, nonché paroliere, che si produce in una patetica parodia di Manu Ciao.
Mentre cerco di guadagnare l’uscita penso che la prossima volta sarà meglio spendere 70000 lire e andare a vedere Franco Battiato in un piccolo teatro.
“Fiesta”, una manifestazione ben collaudata nell’ambito dell’”Estate Romana”, all’ ippodromo delle Capannelle. Sono le 21:30 di martedì e sembra che mezza Roma si sia riversata qui dentro, il che non mi stupirebbe, dato l’evento: si esibisce Franco Battiato; prezzo del biglietto £ 15.000.
Lo “spazio concerto” è in una posizione assolutamente infelice, una conca, affossata tra uno degli innumerevoli stand di ristorazione e la case popolari del Tuscolano. Abbastanza claustrofobico. Un centinaio di sedie sotto il palco ed una pedana di legno della quale mi accorgo solo dopo averci inciampato, mentre ci facciamo largo a gomitate tra centinaia di ragazzi e ragazzini vocianti.
Il cantautore si presenta con 5 minuti d’anticipo sul programma (che succede!? non è nel suo stile…) “Prima comincia prima finisce” è il malizioso pensiero che si affaccia per un istante; attacca con uno “standard” italiano: “Il cielo in una stanza” e l’atmosfera si scalda.
Il gruppo che lo accompagna è formato da un bassista, un batterista, un tastierista, un violinista, tre ragazze “vocalist”. Lui indossa il solito tight (lo stesso look da oltre dieci anni), ha sempre quell’aria da intellettuale smaliziato e un po’ snob che si trova lì per uno strano scherzo del destino. Lo spettacolo prosegue con un paio di pezzi tratti dal nuovo album, poi attacca con i “classici”: Bandiera bianca, Centro di gravità permanente, L’era del cinghiale bianco. Poi si insinuano le prime note de:”La cura” ed è a questo punto che l’atmosfera cambia di colpo, la folla impazzisce, tutti a cantare, (se non vengono accesi accendini è solo perché è passato di moda), le coppiette si stringono; io stesso ho la pelle d’oca…. Finalmente il Battiato che conosco, intimista e lirico, attento e partecipe che mette l’anima in uno dei più bei brani che la musica leggera italiana abbia prodotto negli ultimi dieci anni. Il testo è favoloso, la musica superba; se fino ad ora si è dimostrato un po’ freddo e distratto, il cantautore siciliano, appassionato delle danze Sufi, seguace da anni dei mistici darwishi, sfodera tutto il carisma di cui è capace; impossibile resistergli.
Questo non è certo l’ambiente che gli si addice; i grandi spazi aperti o i mega stadi
non gli consentono di esprimersi al meglio. Dopo tre quarti d’ora (l’accusa che gli viene rivolta sempre più di frequente è che i suoi concerti sono troppo brevi), lasca il posto al suo maestro Sufi, nonché paroliere, che si produce in una patetica parodia di Manu Ciao.
Mentre cerco di guadagnare l’uscita penso che la prossima volta sarà meglio spendere 70000 lire e andare a vedere Franco Battiato in un piccolo teatro.
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